Una bellissima giornata di sole

 © Eric Ray DavidsonÈ una bellissima giornata di sole, e fuori dalla finestra c’è una famiglia di pellicani che si contende un granchio. Siamo in un piccolo hotel sulla riva dell’oceano a Malibu: la spiaggia è la stessa dove Sean Penn è cresciuto giocando con i suoi amici Charlie Sheen e Rob Lowe. Dove sicuramente è nato il personaggio di Jeff Spicoli, il fattone di Fuori di testa, suo primo film famoso. La stessa dove fa surf ancora adesso. Anche oggi? «No, oggi il mare è troppo calmo: riesco a fare surf tutti i giorni solo quando sono nella mia casa alle Hawaii», mi dice accendendosi la prima delle quattro American Spirit che fumerà durante la nostra intervista. A dividerci c’è un tavolino con sopra una caraffa di tè freddo al limone che lui guarda con diffidenza, seduto a gambe aperte su una seggiolina che scompare sotto al suo fisico imponente.

A 54 anni, Penn può ancora permettersi di correre sulla spiaggia con il busto perfetto di uno dei bagnini ventenni di Malibu. Lo si vede così anche in una scena di The Gunman, il thriller per cui ci incontriamo e che esce in Italia il 7 maggio, mentre corre o fa surf nel Congo infestato da killer che per tutto il film lo inseguono come i paparazzi a Hollywood. In The Gunman ci sono tante sparatorie, quindi chiedo a Penn che cosa lo abbia portato a disfarsi della sua collezione di armi. Ne aveva più di cento, ma durante un gala di beneficenza per Haiti ha annunciato di avere donato all’artista Jeff Koons tutte le sue «vigliacche macchine di morte» per trasformarle in un’opera d’arte (che, come può accadere solo a Hollywood, è stata subito comprata per un milione e mezzo di dollari, prima ancora di esistere, dal giornalista della Cnn Anderson Cooper).

«Le mie convinzioni non sono cambiate: non sono contrario alle armi, a meno che non si tratti di armi da assalto», mi risponde. «E so no a favore di controlli periodici sui proprietari, e su come tengono le armi in casa, che però in questo Paese non vengono fatti», continua prima di lanciarsi in una lunga disamina sulle leggi americane. Quando riesco finalmente a interromperlo, gli chiedo di nuovo che cosa lo abbia convinto: «Una ragazza!», dice ridendo.

Chissà perché mi ero immaginato che quella ragazza avesse completamente cambiato Sean. Che, con la sua bacchetta magica a forma di Oscar, quella bionda fatina sudafricana avesse quietato il più complicato e rissoso attore hollywoodiano, quello che ha imparato a bere da Bukowski e a fare a pugni da Sugar Ray Leonard. Che di quella tempesta umana grazie alla bellissima Charlize Theron fosse rimasto solo il talento infinito di un attore che dopotutto è nato lo stesso giorno di Robert De Niro, e che è capace di trasformare la propria autodistruttività in grande cinema: nel killer di Dead Man Walking, nell’ex galeotto di Mystic River e in tutti gli altri incredibili personaggi che ha interpretato.

Dopo aver letto come lei ha parlato della loro storia («Sean è un figo vero, e io sono una ragazza fortunata: non ci saremmo mai sognati di vivere quello che stiamo vivendo»), pensavo insomma che questo nuovo amore lo avesse trasformato, e invece a un certo punto della nostra conversazione mi torna in mente quello che Woody Allen ha detto di lui una volta: «Dopo un po’ che stai con Sean capisci che è molto sensibile, e che sta sempre male».

Quel momento per me arriva dopo che mi ha raccontato dei viaggi che amava fare guidando da una costa all’altra degli Stati Uniti. I viaggi di Sean Penn somigliano molto alle sue conversazioni, che hanno una partenza ma non una meta e sono piene di fermate improvvise e di lunghe diversioni. Una delle quali ci ha portato a parlare di come sta adesso: «È come quando prima dicevamo del mio aumentato pragmatismo nel fare politica, e di quello che è successo nella mia vita personale. Tutto questo mi ha reso molto disciplinato nel godere dei miei giorni felici. Ma sono altrettanto disciplinato nel non aspettarmi lo stesso il giorno seguente». Che cosa ha imparato dalla vita? «A prendermi finalmente delle pause, a staccare dall’emergenza totale in cui si trova il mondo, dal rumore di fondo dell’angoscia». Deve prendersi delle pause da se stesso? «No, ora bevo molto meno di una volta. E sto a casa molto di più».

Mi lancia un sorriso dolcissimo guardandomi coi suoi occhi azzurri e in quel momento capisco che grazie a Charlize qualcosa è veramente cambiato, ma che se il destino ti fa nascere Sean Penn non ti puoi fidare. Devi sempre fare i conti col tuo karma. Non tanto perché in preda a un flashback ti puoi ritrovare di nuovo a tenere per le caviglie un paparazzo fuori dal balcone al nono piano di un hotel di Macao, come lui fece a metà anni Ottanta. Quello non credo accadrà mai più. Il karma di Sean è molto più complicato: ha a che fare con i suoi genitori, col sentirsi sempre un po’ fuori posto, e con la sua complicata relazione con le donne. Non è una questione di tutela della privacy se ora va piano con Charlize: è solo saggia prudenza.

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